“Questa (non) è matematica” tenta un approccio didattico alla disciplina poco nozionistico e molto operativo, puntando a risultare stimolante e coinvolgente, ma mancando in buona misura il suo obiettivo.
Nelle pagine/tavole del libro si susseguono molte consegne di lavoro che si rivolgono – per contenuto e forma – a un pubblico “sfocato”: consegne troppo complesse per l’età dei fruitori cui si presume il libro si rivolga, bambini della scuola primaria, e troppo “infantili” per ragazzi più grandi o adulti.
In filigrana si intravede il peccato originale di tanta produzione “educational”: la creazione da parte di uno o più adulti di prodotti che gratificano il proprio bambino interiore, proiettandolo all’esterno nella convinzione (o nel calcolo) che quella sagoma coincida con il profilo dei bambini veri, con le loro curiosità e capacità. Si vede nei libri come questo, che vorrebbero scrollarsi di dosso la pesantezza della didattica tradizionale, ma anche nei testi di tanti autori per bambini, negli spettacoli teatrali, in tanta didattica museale come nei prodotti di edutainment digitale, e via dicendo.
Nella pubblicazione “hands-on” curata da Anna Weltman, si alternano ad alcune pagine ben calibrate, molte altre che non conoscono (o fingono di non conoscere) le capacità manuali dei bambini o le loro dinamiche motivazionali (unica eccezione forse per i figli spesso tanto intelligenti quanto inquietanti delle mamme homeschooler). Provate voi davvero a far disegnare un cerchio che passi per tre punti stampati nel foglio, ora che se ne sarà trovato il centro, la punta del compasso avrà perforato almeno mezza dozzina di pagine sottostanti. Oppure convincete voi un bambino ad appassionarsi alla costruzione geometrica della sezione aurea o al disegno di un cardioide…
La geometria – ossia la matematica dello spazio che popola delle sue regole e stravaganze questo libro – è sicuramente una strada intrigante per entrare nel regno della matematica, data la sua natura visivamente percettiva e le sue possibilità estetiche. E altrettanto certamente è una strada troppo poco battuta nella scuola italiana, ancorata a una didattica molto “intellettuale” in cui si passa da contarsi le dita ai pallini rossi e blu dell’abaco in modo molto meccanico e molto poco gratificante (a meno di non immaginarsi, come si diceva sopra, un bambino “ideale”, con presunte nobili aspirazioni astrattive, come quello fantasticato nella retorica borghese dei padri della scuola italiana antica, e a volte anche moderna).
Purtroppo, spesso, la creatività geometrica in classe si esaurisce nel disegnare le “cornicette” alle prime pagine dei quaderni (con buona pace di tutto quello che a partire dalle decorazioni degli antichi vasi attici si potrebbe inferire dalle discipline storiche) o, quando va bene, a ripercorrere le venature delle foglie (con buona pace di quanto quasi cinquant’anni fa Munari insegnava a scoprire del mondo, partendo dalle sue foglie).
Tuttavia (non) è questo il libro, per parafrasarne il titolo, che aiuta a colmare il gap, nonostante le buone intenzioni, che è giusto presumere muovano sempre alla stampa di pagine rivolte ai più piccoli. Rivolgendosi loro, volendo e-ducare, occorre più cura, più ascolto.
Oliviero Grimaldi